Jamaica Inn

Jamaica Inn: una trascrizione infedele - parte terza (1936-39)

              “I am a freak in nature and a freak in time. I do not belong here,
              and I was born with a grudge against the age, and a grudge against
              mankind. Peace is very hard to find in the nineteenth century.
              The silence is gone, even on the hills. I thought to find it in the
              Christian Church, but the dogma sickened me, and the whole
              foundation is built upon a fairytale. Christ Himself is a figurehead,
              a puppet thing created by man himself”.
              Il vicario Francis Davey si rivela a Mary
               

La scrittrice inglese Daphne du Maurier pubblica Jamaica Inn nel 1936. Si tratta di uno dei suoi primi lavori che precede (di poco) Rebecca (1938) e il racconto The Birds (1952).
Il romanzo narra le peripezie della povera Mary Yellan, un’orfana ventitreenne che cerca rifugio dalla zia Patience alla taverna della Giamaica, in Cornovaglia. Giunta sul posto scopre che si tratta di uno dei luoghi più sinistri e malfamati della regione a causa delle misteriose scorrerie attuate da suo zio Joss Merlyn, un ubriacone violento e imprevedibile che ha fama di avere già ucciso. La locanda è evitata da tutti ed è invece il ritrovo di briganti che vi si danno appuntamento periodicamente per gestire affari poco chiari. Mary si adatta faticosamente al tetro alloggio e ai maltrattamenti cui viene sottoposta dallo zio e scopre, gradualmente, la vera natura delle attività losche di Joss: non si tratta semplicemente di contrabbando bensì di atti di pirateria. Con l’aiuto dei suoi compari, egli riesce a far naufragare piccole imbarcazioni lungo la costa e, dopo avere ammazzato i malcapitati, li deruba.
Mary stringe inoltre una controversa amicizia con Jem Merlyn, l’ambigo fratello di Joss, ladro di cavalli, di cui, fino all’ultimo, sospetta il coinvolgimento nelle attività dello zio. Intanto il cerchio va stringendosi: le autorità stanno per arrestare Joss quando quest’ultimo e sua moglie vengono trovati uccisi. Mary sospetta Jem e si rifugia da Francis Davey, il vicario di Altburn che, già in precedenza, la aveva aiutata quando si era persa nella brughiera. Scoprirà con orrore, come nel finale de La casa dalle finestre che ridono (Avati, 1976), che è proprio lui, l’insospettabile pastore, il vero, segreto mandante dei crimini di Joss. Davey si definisce un escluso, esprime il proprio odio per la chiesa e le sue scritture definite sciocchezze e da angelo si trasforma in perfido demone  (quasi una sorta di vampiro), una sorta di “false light” non dissimile dalle false luci utilizzate dalla banda di Joss per far naufragare i convogli. Mary si salverà in extemis.
Come si nota la scrittrice redige un vero e proprio thriller gotico che, pur con qualche lungaggine, offre notevoli sorprese e tiene fino all’ultimo il lettore sulla corda.

La trascrizione di Hitchcock, Jamaica Inn (mag. 1939; 108 min; tit. it. La taverna della Giamaica, dic.1940) costituisce l’ennesimo tradimento di un buon testo il quale viene ridotto, in modo incomprensibile, in un mediocre film “di avventure”. Hitchcock elimina tutti gli elementi del thriller: fin dalle prime immagini spiega quale sia l’attività criminosa di Joss e chi sia la mente perversa che lo guda ossia l’aristocratico Humphrey Pengallan  (Charles Laughton). In tal senso la sceneggiatura non solo rovina tutte le sorprese abilmente orchestrate dalla scrittrice, ma sostitusce il curato (forse anche per problemi di censura) con un generico aristocratico e sposta il baricentro del film intorno a quest’ultimo, lasciando Joss (figura alquanto ammorbidita) e le vicende angosciose della locanda-prigione in secondo piano. Ne fuoriesce un lavoro destinato, nel migliore dei casi, all’intrattenimento di un pubblico di ingenui adolescenti. Si tratta probabilmente del peggiore film di Hitchcock in assoluto e della sua sceneggiatura più rovinosa se confrontata con l’accuratezza del testo originale.
L’autore inizia, come sempre, con una scena forte (l’aggressione a un’imbarcazione e ai suoi occupanti) assente nel testo; segue l’arrivo di Mary alla locanda (ovvero l’incipit del romanzo), l’immediata presentazione di Joss, di Pengallan e del loro ambiguo, segreto legame. Si prosegue con le malefatte della banda criminale e della rete che va stringendosi intorno a loro, rete fittizia però, poichè guidata dal perfido Pengallan (ben altrimenti preoccupante nel testo, poichè orchestrata da un magistrato estraneo alla cerchia di Joss). Eliminato anche l’interessante personaggio di Jem Merlyn (in qualche modo sostituito da Jem Treharne, ufficiale di marina che dà la caccia ai malviventi), ci si avvia rapidamente alla conclusione con il fallimento di una nuova impresa sulla spiaggia e la scoperta del vero capo criminale cui spetta la grande scena di morte conclusiva.
Nel film quindi tutte le luci si concentrano su Pengallan, criminale a doppia faccia, mentre quasi scompare il complicato rapporto carnefice-vittima di Joss e Mary, vero cuore pulsante del romanzo di Daphne du Maurier.
Inoltre l’ambientazione soffre del consueto stile pesantemente teatrale, generato dalla scelta di girare (quasi) l’intera pellicola in studio.
Jamaica Inn venne accolto da unanimi critiche negative; d’altronde lo stesso Hitchcock si è sempre dichiarato insoddisfatto della pellicola.

testo scritto nell’ott. 2016