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La visita: un breve incontro (1963) Nello stesso anno de La parmigiana esce una seconda commedia di Antonio Pietrangeli (da un soggetto di Giuseppe De Santis e Ettore Scola, quest'ultimo anche sceneggiatore), ancora centrata sul ritratto di una figura femminile,
La visita (dicembre 1963, 105 min.), la Pina (Sandra Milo), illuminata per contrasto durante la lunga giornata che passa con il visitatore Adolfo (François Périer). I due sono entrati in contatto tramite una rubrica di
cuori solitari, si sono scritti e ora finalmente si incontrano con l'idea di conoscersi meglio e forse convolare a nozze; ma l'incontro è un fallimento soprattutto a causa della grettezza dell'uomo, un individuo ripugnante,
forte coi deboli e debole coi forti. In un crescendo di dissapori mascherati si giunge all'amaro chiarimento finale, momento di orgoglio e di ribellione della protagonista la quale esplode in un'invettiva contro l'ipocrisia e
la sequela di falsità poste in essere da Adolfo il quale credeva di poter avere facilmente la meglio nei confronti della donna e invece si vede rifiutato. In questo sincero e ispirato Höhepunkt della narrazione Pina
intuisce che c'è qualcosa di peggiore della solitudine mentre l'uomo per un attimo capisce se stesso, confessa la propria natura opportunistica, cerca di giustificarsi ("si diventa così quando si sta soli") e chiede
comprensione. Nell'emozione di un dialogo finalmente diretto ed esplicito, i due vivono una transitoria notte amorosa. Nella gelida alba, sopra strade rese lucide dalla recente pioggia, la macchina della donna corre veloce
verso la stazione di Ferrara: Pina e Adolfo si salutano imbarazzati. Seguirà ancora qualche lettera a distanza di molte settimane l'una dall'altra prima del probabile silenzio totale. Il prologo e l'epilogo mostrano un treno in corsa, all'inizio in arrivo a Benedetto Po (paesino posto nel delta del fiume) e alla fine in partenza da Ferrara. Il prologo è brioso, ricco di immagini
interne ed esterne rispetto al convoglio mentre la partenza avviene in un contesto ben altrimenti dimesso e malinconico (in entrambi i casi è soprattutto la colonna sonora di Armando Trovajoli a stabilire questa atmosfera).
Tuttavia già nella prima sequenza l'improvvisa e inattesa apparizione di un funerale fermo a un passaggio a livello suona come un'implicita anticipazione dell'esito disastroso della visita. Il cittadino romano Adolfo si mostra
subito infastidito dal clima rustico e assai popolare che si respira nel paesino: la vecchia macchina della Pina, le bizze dello scemo del villaggio (Mario Adorf), l'esagerato numero di animali presenti nella casa (evidente
tentativo della protagonista di ammorbidire la propria angosciosa solitudine) si trovano in dissonanza con l'idea di lugubre quiete che sembra adombrare il nuovo venuto. Pina, finché può, finge di non vedere la maleducazione
dell'intruso, la sua volgare prepotenza, il suo atteggiarsi già a padrone di casa: se l'uomo è un esempio irritante di ottusità mentale, anche la donna, con il suo sorridere di tutto e con il suo perenne minimizzare, porta il
suo contributo di ipocrisia a questa disperata recita.
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