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The Killer's Kiss (Il bacio dell'assassino): la fuga
L'uomo di Kubrick è "nato per uccidere"; la violenza, la sopraffazione, l'ambizione compiaciuta al dominio sull'altro sono caratteri indelebili della sua personalita. Pacifismo e umanitarismo
appaiono illusioni penose in questo crudele universo che, con coerenza, fin dai suoi primi saggi, persegue una propria penetrante riflessione intorno all'agire umano e al consorzio civile che quell'agire genera e perpetua. Killer's Kiss narra
in parallelo la storia di due "combattenti" sconfitti che si aiutano a vicenda
nella loro rocambolesca fuga da uno scenario urbano che li ha visti soccombere. Un pugile e una ragazza "facile", ovvero la violenza diretta e l'abilita' nel sedurre (se-ducere) sono le due figure assai simili, delle quali K indaga scrupolosamente gli "strumenti offensivi", indugiando sui preparativi del boxeur e sulla biancheria intima della donna. Dalla prima parte del film, narrata mediante un significativo montaggio parallelo, entrambi escono sconfitti (Davy perde sul ring; Gloria subisce le pesanti attenzioni del suo "datore di lavoro", nonché boss criminale). Un motivo musicale struggente accompagna questi losers disegnati sul fondale grigio di immagini quotidiane "rubate" alla vita di New York (Penn Station, Times Square).
Nell'episodio centrale il pugile e' oggetto degli scherzi di due balordi ubriachi, la ragazza "lotta" con il boss che la perseguita mentre un amico del protagonista finisce ucciso al suo posto in una sinistra
esecuzione ambientata in una strada chiusa nella quale le figure dei due sicari si stagliano imponenti e forti. Il mafioso Vincent Rapallo e i suoi uomini costituiscono i primi esempi di quella categoria umana, onnipresente nel
cinema kubrickiano, che mostra criminali privi di ogni rimorso, certi di agire secondo una logica tanto crudele quanto naturale. Il terzo ed ultimo episodio del breve film porta la tensione al suo Hohepunkt nel
racconto della lunga fuga-duello tra Davy e Rapallo, culminando nello scontro nel deposito dei manichini: di fronte ad una “muta” platea i due si battono con furia animalesca e la vittoria del pugile appare casuale; la
pellicola poteva, con altrettanta verosimiglianza, concludersi con un esito antitetico. Le immagini dello scontro, enfatizzate da una colonna sonora fatta da sole sonorita' percussive, sono alternate ad altre memori della
pittura metafisica di De Chirico, raffiguranti manichini e volti di gesso, metafora di un’umanità eternamente identica. Nell'epilogo, che riprende la situazione del prologo (la storia è raccontata in flashback, secondo un
procedimentotipico del noir americano), il protagonista attende alla stazione l'improbabile arrivo di Gloria: appaiono invece una donna anziana e una suora, emblemi della stanchezza fisica e della debolezza caratteriale
del protagonista in fuga verso Seattle, all'altro capo degli USA. Oltre tre decenni dopo, nel suo ultimo capolavoro K utilizzera' i simboli del cristianesimo (l'ambientazione natalizia) con significati analoghi, mostrando un
cammino di impressionante coerenza intellettuale. Non solo. Sempre in Eyes, il pianista “chiacchierone”, un altro loser parente stretto del pugile, verrà punito ed esiliato con la forza dai due “sorveglianti” della setta: così egli percorrerà il medesimo cammino di Davy, da New York a Seattle, dal cuore dell’impero all’estrema periferia. Non ci sono semplici coincidenze nel cinema di K: l’autore indica ai suoi esegeti più attenti la propria straordinaria corenza tematica. Killer's
Kiss propone ad uno stato embrionale idee e icone kubrickiane: oltre a quelle citate si noti la storia senza amore dei due protagonisti, semplici vittime delle circostanze, e il mafioso Rapallo che brandisce l'ascia come farà l'indemoniato Jack Torrance.
"L'uomo è per l'uomo un lupo": la concezione antiumanistica e antiaristotelica (il pensatore greco parlava dell’individuo come di un animale sociale) delineata da Thomas Hobbes nel suo De Cive (1642) trova
nel cinema kubrickiano la piu' notevole esemplificazione. Per il filosofo inglese come per l'artista americano la guerra tra gli uomini è perpetua, il patto sociale un mero fatto di utilita' e interesse attraverso il quale le
persone più razionali si difendono dalle aggressioni dell'individuo violento, sorta di bambino dotato di forza, "essendo la malvagita' la mancanza della ragione in un'età in cui grazie alla natura, guidata dall'educazione
e dall'esperienza, gli uomini l'hanno di solito gia' acquistata" (Hobbes). La bramosia materiale, la vocazione al dominio e all'umiliazione dell'altro determinano l'agire umano mentre la società nasce dal timore reciproco,
dal desiderio vicendevole di porre un limite a quegli istinti naturali potenzialmente distruttivi. I personaggi kubrickiani spesso impersonano questa tendenza ad andare oltre quel limite, tendenza associata a tratti
sinistramente infantili (si pensi tra gli altri a Quilty, Ripper, Alex e Torrance). In tal senso la ricorrente presenza di favole, filastrocche, situazioni narrative semplificate, evoca questa incapacità di tali figure di
accedere a una visione equilibrata della vita sociale. In Killer's Kiss la vicenda, al di là delle superfciali parentele con il genere noir, rimanda alla favola dell'orco che rapisce e tenta di stuprare
l'innocente fanciulla salvata in extremis dall'eroe; ed è Rapallo, "l'orco incontinente", il personaggio kubrickiano piu' significativo del film, nonche' prima variante di quella serie di figure tenebrose e
prepotenti, perfino affascinanti, mediante le quali K sviluppera' la sua riflessione intorno al Male. Anche lo stretto legame tra forza e prevaricazione sessuale viene descritto ora in modo più incisivo, dopo l’episodio
presente al centro di Fear and Desire; su tale aspetto K “indagherà” praticamente in tutti i lavori successivi. Sebbene esteriormente somiglianti ai maggiori generi della tradizione cinematografica (il noir, il
film bellico, la fantascienza ecc.), le opere di K sono lavori unici, la cui grandezza non va ricercata nelle relazioni più o meno articolate che esse stabiliscono con quel fondale cinematografico (fondale che in questa sede
verra' solo parzialmente evocato e analizzato); al contrario quella impressionante unicità consiste nel loro saper sviluppare una meditazione sapiente e lucida, fredda e anticonformista (soprattuto se confrontata con l’ipocrita
ideologia "umanitaria" prevalente a Hollywood) intorno al prevalente cinismo dell’agire umano, ai complicati labirinti della mente e agli impulsi meno confessabili che vi abitano.
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